APPUNTI: IL 400 È IL SECOLO DELL’UMANESIMO E IL 500 SECOLO DEL RINASCIMENTO

IL 400 È IL SECOLO DELL’UMANESIMO

CONTESTO STORICO POLITICO: la realtà politica dell’Italia centro settentrionale del 200-300 è caratterizzata dai comuni, i quali hanno ha una propria organizzazione indipendente ma essendoci nei comuni famiglie più potenti rispetto ad altre si scontreranno tra loro e quindi quella dei comuni è un’Italia frammentata. A partire dal 300 comincia ad affermarsi un fenomeno politico che da più stabilità alle realtà comunali, ovvero le signorie. I comuni diventano signorie quando una famiglia o un individuo comincia ad acquisire gran parte del potere all’interno di un terreno politico in cui prima i poteri erano condivisi. Ciò accade perché i comuni sono contrassegnati da continue lotte e ben presto i cittadini accettano di cedere quella libertà che era propria dei comuni per avere pace e stabilità e quindi nascono le signorie a Milano, Ferrara, Mantova…molto spesso queste signorie che inizialmente nascono in modo illegale (perché un individuo si impone sugli altri con la forza) tra il 300-400 acquisiscono una forma di legalità perché o il papa o l’imperatore concede a queste famiglie dei titoli feudali e chiamiamo questo fenomeno ‘dei principati’ (quando vengono ufficializzati i ruoli delle famiglie). In tutto ciò ci fu un caso particolare a Firenze perché formalmente rimane un comune ma a partire dal 1435 si impone un uomo che si chiama Cosimo De Medici che ha tutto il potere nelle sue mani e trasferirà questo potere in maniera ereditaria ai suoi figli: prima al figlio Piero e poi a Lorenzo – la famiglia De Medici eserciterà un potere assoluto. Dal 1435 quindi, a Firenze c’è una sorta di criptosignoria, una signoria nascosta – la cupola di Firenze sarà il simbolo del potere di questa città. 

COSA CAMBIA A LIVELLO SOCIO-CULTURALE: il mondo culturale e letterario non si sviluppa più all’interno dei comuni. Poiché il centro del potere non saranno più le cancellerie dei comuni ma saranno le corti dei signori, gli intellettuali e gli artisti letterati saranno uomini di corte, uomini al servizio di un signore e saranno pagati dai signori per svolgere attività intellettuali presso le loro corti.  Corti quattrocentesche > mecenatismo. Cambia quindi la figura dell’intellettuale che diventa un uomo cortigiano, al servizio della corte; 

COSA CAMBIA PER L’INTELLETTUALE DOVER STARE AL SERVIZIO DI UN SIGNORE?:

se l’intellettuale non era d’accordo con le correnti di pensiero di alcune signorie del suo paese non ha la possibilità di fare la propria arte. è normale che un intellettuale cortigiano sia più limitato rispetto ad un intellettuale indipendente (come Dante ad esempio- prima e dopo l’esilio: prima lavorava da solo e poi deve girare presso le varie corti). 

A LIVELLO CULTURALE: fu molto importante il fenomeno dell’umanesimo 

CHE COS’È L’UMANESIMO E PERCHÉ NASCE: l’umanesimo nasce da un’attività che era già prediletta da Petrarca e Boccaccio, cioè nasce dall’analisi testuale, nasce da quell’arte della filologia (correzione dei testi copiati in maniera errata) che si concentra soprattutto sui testi greci e latini inizialmente. 

COSA PERMETTE LA CONOSCENZA DEL GRECO NEL 400? E PERCHÉ C’È QUESTO INTERESSE VERSO LA RISCOPERTA DELLA CLASSICITÀ GRECO-LATINA? 

Ciò che promuove la riscoperta di ciò è un elemento tragico, cioè la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi nel 1453, già negli anni precedenti era chiaro che Costantinopoli era sotto la minaccia dei Turchi e in virtù di ciò molti rappresentanti della cultura cristiana cominciarono già negli anni precedenti a trasferirsi in Italia chiedendo asilo  perché vi è il papa ed egli concede loro protezione. Tra gli uomini che venivano dalla Grecia verso l’Italia, vi erano soprattutto uomini di chiesa (quindi con una certa cultura) e trasferendosi nei principali centri italiani, vennero a contatto con gli intellettuali locali e man mano si diffuse in maniera rapida questa cultura della lingua Greca e scatenò una passione degli intellettuali per ciò che è antico. E dalla ricerca testuale e culturale nasce quel filone di studi che venivano definiti studia umanitatis cioè studi tipici dell’umanità da cui deriva il nome di umanesimo. 

PERCHÉ LE LETTERE CLASSICHE SONO STUDIA UMANITATIS? Perché vengono concepiti i testi classici con un passo fondamentale per la formazione dell’uomo e per una sua piena concezione del suo ruolo nel mondo – i testi hanno approfondito l’uomo in ogni suo aspetto.

COSA VUOL DIRE CHE SONO STUDIA UMANITATIS?: vuol dire che se l’uomo medievale concepiva una cultura che era basata per una conoscenza della vita ultraterrena (nel mondo medievale importava solo Dio), l’uomo dell’umanesimo sarà colui che scoprirà il suo potere sub-grazia-rei = sotto la grazia di Dio.

IL FATTO CHE CI SIANO SIGNORIE SPARSE NELLE PRINCIPALI CITTÀ ITALIANE, COSA COMPORTA SE GUARDIAMO L’ITALIA COME UN TERRITORIO A LIVELLO POLITICO? Con la nascita delle signorie che acquisiscono sempre più potere, vi furono molte lotte tra le signorie nella prima metà del secolo mentre la seconda metà sarà caratterizzata da un periodo di relativa pace a partire dal 1454, nell’anno della pace di Lodi, con la quale si definiscono i confini, le alleanze e a partire dal ’69 ci sarà un clima di pace.

A livello culturale il centro più importante sarà Firenze. 

A livello letterario distinguiamo due momenti dell’umanesimo:

  • La prima stagione che si afferma finché i Medici non imposero il loro potere a Firenze (40-50), ed è caratterizzata da un’attenzione particolare verso i temi civili, il ruolo che deve avere un individuo all’interno di una società ed è detta: fase dell’umanesimo civile perché soprattutto a Firenze, gli intellettuali sono soprattutto uomini che partecipano attivamente alla vita politica della città. Alcuni personaggi come Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla e Coluccio Salutati: sono personaggi attivi nella politica. In questa fase vediamo delle novità a livello intellettuale rispetto al medioevo. Che idea si aveva nel medioevo del guadagno? Era visto come qualcosa di negativo perché ci si concentrava sui beni terreni piuttosto che quelli spirituali ma molti di questi intellettuali cambiamo la percezione del lavoro che viene visto come una sorta di premio che dio riserva a chi più lo loda. 

Lorenzo Valla sarà uno dei più grandi filologi dell’umanesimo civile perché scriverà un’opera in cui dimostrerà la falsità della donazione di Costantino che era un editto di Costantino con il quale questi avrebbe donato alla chiesa il potere temporale – Lorenzo Valla scrisse quest’opera in latino che si chiamava ‘de falso credita et ementita Costantini donatione’ in cui dimostrava attraverso i mezzi della filologia che la donazione di Costantino era un falso storico perché egli visse nel 4rto secolo ma questo documento sarebbe stato prodotto intorno all’8-9 secolo. Quest’opera è importante perché tramite un mezzo che è l’appoggio degli umanisti (filologia), si da una dimostrazione pratica di qualcosa che dominava la politica del tempo. –cercare la verità tramite le indagini. 

Durante il medioevo si parlava un latino che non era il latino di Cicerone ma un latino che si era mescolato a molti barbarismi e quindi di classico non aveva più nulla. Il latino che utilizzano gli intellettuali umanistici è un latino purificato che si rifà al modello Ciceriano e in questa prima fase dell’umanesimo civile il volgare verrà considerato come una lingua inadatta ai fini intellettuali. Durante la fase civile la vita attiva predomina sulla vita contemplativa

  • Umanesimo cortigiano: Le cose cambiamo a partire dalla seconda fase dell’umanesimo che coincide con la signoria di Lorenzo De Medici a Firenze. Gli intellettuali sono persone finanziate da Lorenzo de Medici per dedicarsi alle arti, alla letteratura, alla filosofia…e la Firenze di Lorenzo de Medici è un capolavoro di bellezza. La vita contemplativa predomina su quella attiva. Fu molto importante la scoperta che si fece della filosofia di Platone, quello che si vuole definire il neoplatonismo, Firenze ne fu la culla e qui vi era l’accademia platonica in cui c’erano due intellettuali che erano Ficino Marsilio e Giovanni Pico della Mirandola. Il neoplatonismo fiorentino cercò di adattare le idee di Platone al cristianesimo. Da questa stagione emerge anche uno spiccato edonismo, dove c’è finalmente il gusto di dedicarsi ai piaceri.

IN CHE LINGUA SCRIVONO GLI UOMINI DI QUESTO PERIODO? Di fianco all’utilizzo del latino, vi è anche una pratica del volgare come lingua letteraria e questo lo vedremo soprattutto con De medici e un poeta toscano che vive alla sua corte, Angnolo Poliziano che era un uomo che conosceva molto bene il latino e il greco ma scrisse anche in volgare.

COSA ESCE FUORI DELLA LINGUA ITALIANA E DELLA LETTERATURA ITALIANA IN QUESTA STAGIONE? Vediamo una caratteristica che sarà tipica della letteratura italiana cioè la letteratura sarà riservata ad un’élite.

PAGINA 35

È un’opera in cui l’autore dimostra la falsità del documento della donazione di Costantino

vv. 1-11: in questo primo paragrafo lui sta dicendo che è cosciente del fatto che la sua opera attirerà contro di lui parecchio odio da persone che hanno un potere politico e si sta scagliando contro la persona più potente al mondo, il papa.

vv. 12-25: qui si rende conto del pericolo che sta affermando e dice, perché vale la pena correre questo pericolo? Perché bisogna difendere la verità al di là di chi possa essere contro di essa, anche il papa; infatti dice che la patria celeste la conquistano quelli che piacciono a Dio, non agli uomini e a Dio piacciono coloro che affermano la verità perché egli è giustizia e verità. E quindi bisogna fermare il papa. C’è un amore per la verità.

vv. 25-39: utilizza una metafora al verso 32 “mettano mano alla falce…cioè la vigna di Cristo.” L’immagine è quella della vigna, un’immagine evangelica e prosegue chiedendo se uno sbaglia non sarebbe meglio non accusarlo pubblicamente ma farlo in maniera tu per tu, no, perché se uno sbaglia, bisogna accusarlo pubblicamente. Non voglio scagliarmi contro di lui (papa), semplicemente ritengo che ci vuole bene alla vigna di cristo, cioè alla chiesa, deve eliminare i sarmenti

vv. 40-63: l’impostore di cui parla è l’autore della donazione di Costantino, lui sta dimostrando che questa donazione è un documento falso e sta facendo riferimento al testo. Scopre che il documento è falso perché chi scrive questo documento, usa dei termini che non sono propri del latino del terzo, quarto secolo dopo cristo e quindi è impossibile che sia stato scritto ai tempi di Costantino. Inoltre quello che scrive non sa nulla nemmeno degli ornamenti che ornavano gli imperatori bizantini ad esempio lui pensa che la correggia si mettesse attorno al collo degli imperatori quando invece veniva messa attorno al collo delle bestie. Le incongruenze quindi emergono sia nel linguaggio che negli ornamenti che non sono tipici del periodo di Costantino.

vv. 53-98: dal rigo 40 figo al rigo 88 continua la serie di incongruenze dell’autore. Dal rigo 89 in poi dice, con la donazione di Costantino è andata in malore l’italia.

La verità è che la chiesa non ha nessun potere acquisito per diritto di tipo temporale.

PAGINA 43

Pico della Mirandola è uno degli intellettuali attivi dell’accademia platonica fiorentina, uomo di grande cultura e anche di grande fantasia intellettuale, era noto per la sua grande memoria

È un testo interessante perché ci dà l’idea della visione dell’uomo che avevano gli umanisti, un uomo che è al centro dell’universo

vv. 1-8: parla della creazione del mondo e il linguaggio fa riferimento ad un linguaggio platonico: parla della zona iperurania, anime eterne…e dice che dopo aver creato il mondo e gli animali aveva bisogno di qualcuno che riuscisse a comprendere tramite la sua ragione, la grandezza di ciò che aveva creato perché gli animali non ne sono in grado ma l’uomo si. (l’uomo è al centro dell’universo ed è colui che tramite la sua ragione è in grado di comprendere la grandezza di ciò che Dio ha fatto)

dal punto del rigo 8-34: dopo aver creato tutto quanto, non c’era nessun archetipo che fosse adatto per creare qualcosa di nuovo perché tutti quanti eran stati utilizzati. Dio creò direttamente l’uomo dicendogli ‘io non ti ho fatto né celeste, né terreno. Né mortale né immortale perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti scelto’. L’uomo si plasma da sé ed è artefice della sua stessa forma.

PAGINA 51

è un testo scritto da Lorenzo de medici appartiene ad un gruppo di poesie tipicamente popolari

TRIONFO DI BACCO E ARIANNA

Arianna è la figlia di minosse che aiuta Teseo ad orientarsi nel labirinto del minotauro

Teseo re di Atene e riuscirà a sconfiggere il minotauro e una volta morto i due si sposarono ma tuttavia Teseo è un amante irriconoscente perché la abbandonerà nel’isola di nasso. Viene poi accolta dal dio Dioniso che passa dall’isola con una processione dei suoi fedeli e avviene il matrimonio tra Bacco e Arianna. Questo carro vuole richiamare il tema dell’edonismo cioè del godere dei piaceri della vita.

Si tratta di una ballata, tutte le strofe hanno 8 versi tranne la prima che è più breve che si chiama ripresa o ritornello solitamente posta all’inizio. Finalità popolare, linguaggio comprensibile.

Parafrasi del testo e saperla commentare

PAGINA 56

I’ MI TROVAI, FANCIULLE, UN BEL MATTINO

È una ballata che fa parte delle canzoni a ballo, il tema è un tema di invito al godimento e ai piaceri

Poesia scorrevole e ricerca dell’armonia e della fluidità della lingua ed è anche particolarmente musicale. La rappresentazione è quella di una fanciulla che dice di essersi trovata in questo giardino e di aver raccolto vari fiori a metà maggio e per poi farne una ghirlanda da mettere sul capo. Il tutto termina con un invito a godere della giovinezza e viene fatto tramite un topos (situazione con un immagine tipica) letterario: questo topos è quello dell’accostamento della rosa alla donna o alla giovinezza. Alcune rose erano ancora all’interno del bocciolo, alcune erano appassite e le altre appena sbocciate. Allora l’amore mi disse ‘vai e prendi quelle che vedi più fiorire’ e nella strofa conclusiva ci spiega la morale: quando la rosa spande ogni suo petalo, quando è più bella, allora è cosa buona metterla nella ghirlanda prima che la sua bellezza funga. La metafora quindi ci richiama a godere dei piaceri quando è il momento (nel periodo della giovinezza), esaltazione dell’edonismo.

IL 500, SECOLO DEL RINASCIMENTO

CONTESTO STORICO: COSA CAMBIA A LIVELLO POLITICO NEL 500:

due anni dopo la morte del Magnifico, nel 1494 cominceranno le invasioni di popoli nel territorio italiano: la prima invasione che viene fatta è per mano dei francesi e il primo re ad invadere l’Italia è Carlo 8ttavo di Francia che entra in Italia con l’appoggio di alcuni uomini politici, in particolare a Milano aiuta Ludovico detto ‘il moro’ a togliere di mezzo Gian Galeazzo Sforza (x regnare). poi Carlo 8ttavo entra a Firenze, viene accolto dal papa Alessandro 6sto Borgia e senza troppe difficoltà si impadronisce del regno di Napoli. Il ducato di Ludovico il Moro però non durò molto perché nel 1500 un nuovo re di Francia, Luigi XII si impadronisce del ducato di Milano e quindi questa prima fase è caratterizzata dalle invasioni dei re francesi ma qualche anno più tardi ci sarà un altro popolo che invaderà l’Italia, ovvero gli spagnoli.

Gli spagnoli, erano guidati dal re Carlo V che entra in Italia con le sue truppe mercenarie, i lanzichenecchi i quali devasteranno e saccheggeranno Roma e successivamente nel 1530, viene incoronato dal papa a Bologna come imperatore e come re di Italia. Gli equilibri politici si stabilizzano nel 1559, anno della pace di Cateau-Cambrésis e vengono delineati gli equilibri delle potenze che hanno invaso l’Italia, in particolare Francia e Spagna.

nel 500 quindi, l’Italia perde la sua autonomia politica.

IN REAZIONE A CIÒ CI FURONO DELLE REAZIONI POLITICHE DA VARI SIGNORI DEGLI STATI ITALIANI:

tra la fine del 400 e l’inizio del 500, alla luce dell’invasione di Carlo 8ttavo, la chiesa cercò di reagire, soprattutto grazie a due personaggi: il papa Alessandro VI e suo figlio Cesare Borgia. Cesare cerca di creare uno stato forte per contrapporsi all’influenza delle potenze straniere che invasero l’Italia; questo progetto però nel 1503 fallì perché il padre morì. Ed è quindi costretto a venire a patti con le potenze straniere.

CHE ACCADE A FIRENZE: nel 492 morì De Medici, gli succede il figlio Piero che era un incapace perché con l’entrata di Carlo 8ttavo provoca una rivolta popolare a Firenze. I Medici vengono cacciati dalla città e viene instaurata una repubblica democratica la cui guida spirituale era Girolamo Savonarola, un frate che si era scagliato contro la tendenza edonistica e contro traffici mercantili e bancari ma anche egli successivamente verrà scomunicato dalla chiesa e quindi i de Medici avranno più facilità nel ritornare a Firenze. 

Nel 1527 viene instaurata una seconda repubblica democratica che però ha vita breve. Un unico stato rimane autonomo e forte: la repubblica di Venezia e sarà importante anche a livello culturale perché qui si svilupperà l’industria della stampa.

Possiamo creare una divisione in questo secolo che sorge per la riforma protestante che viene avviata da Martin Lutero: la riforma protestante allontanerà diversi territori dall’orbita di Roma, soprattutto i territori tedeschi e territori del centro nord-europa. La risposta cattolica a quella protestante fu la così detta controriforma che si avvia con il concilio di Trento, in cui vi sarà un clima molto severo nel quale le autorità ecclesiastiche si riuniscono per decidere cosa bisogna fare per salvare la chiesa cattolica dalla riforma protestante.  

CHE COS’È IL RINASCIMENTO: è un movimento culturale, di rinascita, figlia dell’umanesimo quindi tutto ciò che è nato con l’umanesimo arriva a compimento con il rinascimento. In particolare nella letteratura vediamo che si ha una maturazione della letteratura volgare.

CHI SONO GLI INTELLETTUALI DI QUESTO TEMPO? Sono sempre dei cortigiani infatti una delle opere più significative del 500 è un’opera che si chiama ‘il corteggiano’, scritta da un uomo di corte che si chiama Baldassarre Castiglione. In quest’opera egli delinea quali devono essere i modelli comportamentali del cortigiano, un uomo di grande cultura e abile nei modi, deve sapersi muovere nell’ambiente della corte che può essere un ambiente ostile perché le corti sono instabili. (Leonardo Da vinci)

In questo secolo anche la lingua italiana viene codificata a livello letterario, in virtù di un trattato, ‘le prose della volgar lingua’ pubblicato nel 1525 da un cardinale che si chiamava Pietro Bembo. In questo trattato Pietro identifica i modelli linguistici del volgare letterario.

Quali sono i modelli che identifica? Modelli trecenteschi, egli quindi dice che in poesia il modello linguistico deve essere quello di Petrarca mentre in prosa deve essere quello di Boccaccio.

Quest’opera sarà fondamentale per dare uno standard della lingua letteraria italiana (perché abbiamo detto che in Italia non si parlava l’italiano ma si parlavano molti dialetti).

L’imitazione dei classici avviene per un autore greco, Aristotele che aveva scritto ‘la poetica’ nella quale delineava le caratteristiche dei principali centri poetici del suo tempo.

Il 500 a livello culturale è caratterizzato dalla tendenza dei classici. Un classico è un’opera a cui si rifanno altri perché è un’opera esemplare e la forma è importante perché deve dare armonia. Ci sono però autori come Machiavelli e Guicciardini che sono autori di trattati politici e in questi trattati il senso d’armonia non emerge affatto, anzi emerge un realismo e un certo razionalismo.

EPICA CAVALLERESCA: nel 500, nella corte di Ferrara, c’è chi promuove la rinascita dei valori cavallereschi che potrebbero unirsi ai valori della società cortese del 500 e questo personaggio è un cortigiano di Ferrara che si chiama Matteo Maria Boiardo che scrive un’opera: l’Orlando innamorato che è un poema cavalleresco, in cui si parla dell’innamoramento. Opera in cui il personaggio appartiene ad un filone della letteratura cavalleresca viene esaltato sia per le sue virtù che per il suo innamoramento. Matteo pensava a calare i valori cavallereschi come la fedeltà e il coraggio all’interno di una cornice umanistica. Un’opera significativa è il ‘Morgante’ di Luigi Pulci e il Don Chisciotte, di Servantes. Ariosto sarà un importante protagonista

LUDOVICO ARIOSTO:

Nacque a Reggio Emilia nel 1474, ma il padre visse all’interno della corte di Ferrara. Sviluppa fin da giovane un interesse per la letteratura ma ciò non gli è possibile perché le condizioni economiche glielo impediscono e inizialmente sarà legato al cardinale Ippolito. 

Quando questi viene nominato vescovo in Ungheria e dovrebbe quindi raggiungerla, Ariosto non ci sta e decide di entrare al servizio del duca Alfonso. 

Ariosto è il personaggio centrale del 500. Le rime giovanili furono latine e ne scrisse anche in volgare ma non raccolse mai i suoi componimenti all’interno di una raccolta. Si dedicò al teatro, più nella commedia che nella tragedia. Una opera che dimostra il suo legame con il mondo latino sono le satire, ovvero un genere poetico colloquiale in cui si descrivono momenti di vita quotidiana con lo scopo di indicare una via morale > genere letterale moralista. L’opera più importante è l’Orlando furioso.

ORLANDO FURIOSO:

  • c’è una prima edizione che è del 1516, divisa in 40 canti. A livello linguistico è un’opera che utilizza un volgare italiano che presenta numerosi regionalismi (termini che non sono indicabili con un italiano standard)
  • la seconda edizione è del 1521 e in questa seconda edizione ci sono 40 canti ma Ariosto apporta alcune modifiche dal punto di vista linguistico cercando di adeguare la sua opera ai canoni di un toscano letterario
  • l’edizione definitiva è quella che pubblica nel 32 e in questa edizione cerca di adeguare la sua opera ai modelli indicati dal tempo, ai canoni del petrarchismo. il contenuto assume 46 canti. 

È un’opera a cui Ariosto dedica tutta la sua vita

DI CHE COSA PARLA:

i filoni narrativi sono 3:

  1. il primo filone è quello della guerra che è presente tra l’esercito cristiano di Carlo Magno e gli arabi.
  2. un secondo tema è la pazzia di Orlando che impazzisce per l’amore che prova per Angelica (la quale poi si sposerà con un semplice scudiero, Medoro), la bella principessa della Cina.
  3. il terzo tema è l’amore che alla fine ha un buon esito tra il soldato moro Ruggero che alla fine si converte e sposa la guerriera Bradamante. Ha uno scopo encomiastico perché questi due venivano considerati i capostipiti della casa deste.

Quest’opera dal punto di vista narrativo e tematico è policentrica, non c’è un filone unico ma numerosi che seguono. Ma è policentrica anche l’ambientazione. Il materiale Ariosto lo prende dal Boiardo e dai cicli cavallereschi, in particolare quello carolingio. L’amore qui sarà onnipresente e qualcosa che lo porterà alla pazzia. È tutto visto con un filtro laico e quello che conta è soltanto rappresentare la vita degli uomini. L’ambientazione sarà sempre sulla terra, l’unico momento in cui si vede approdare un personaggio fuori dalla terra è quando Astolfo va sulla luna per recuperare il senno, la ragione di Orlando. Nella logica di Orlando sulla luna è presente tutto ciò che gli uomini perdono sulla terra.

Altro elemento tipico rinascimentale è il modo in cui Ariosto riesca a tenere insieme tutti i fili di un discorso che sembrano portare verso il caos. Per indicare l’intrigo delle trame presenti si usa un termine francese che è entralacement, vuol dire legame. 

PERSONAGGI: tutti i personaggi sono presentati alla ricerca di qualcosa che alla fine non viene esaudito; l’esempio massimo avviene soprattutto nel castello del mago atlante dove tutti i personaggi inseguono ciò che desiderano per scoprire che in realtà stanno seguendo degli ologrammi. 

LINGUA: la lingua è un italiano petrarchesco però nell’Orlando furioso incontreremo dei termini che non apparterranno al registro medio alto tipico di Petrarca. Ariosto non cerca lo scontro dei registri ma un’armonia

COME SI PONE L’AUTORE NEI CONFRONTI DEI PERSONAGGI? la prospettiva che emerge è definita dello straneamento, vuol dire che l’autore non è emotivamente coinvolto con ciò che racconta, si distacca e questo lo porta ad utilizzare il mezzo dell’ironia che spesso si servirà di elementi appartenenti ad un mondo basso per indicare un mondo che dovrebbe essere valoroso come quello dei cavalieri e questo elemento ironico lo vedremo nella scena della follia di Orlando.

PAGINA 259

Il fine principale dell’opera è l’intrattenimento 

In queste 4 stanze vediamo le tematiche principali dell’opera

A livello formale sceglie l’ottava (è una stanza di versi endecasillabi)

All’interno di un proemio viene indicato il tema

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PAGINA 337

Verso 70:l’atmosfera terrestre è interrotta da una sfera di fuoco che partecipava al primo cerchio della luna, una volta varcato questo fuoco arrivano nel regno della luna e vedono che la gran parte di questo luogo era come un acciaio (si ricollega su una questione della natura della luna) che non aveva alcuna macchia e lo trovano di grandezza simile a quella della terra.  Gli antichi ritenevano che la terra fosse tonda ma che fosse una parte del globo e che attorno vi fosse il mare oceano. 

Verso 71: arrivato sulla luna Astolfo ebbe una doppia meraviglia che quel luogo da vicino era così grande e dalla terra assomiglia ad un piccolo cerchio e gli conviene aguzzare bene la vista se da qui vuole vedere la terra e intorno il mare poiché non essendoci la luce la loro immagine si vede poco. La doppia meraviglia è: la lupa che sembra piccola dalla terra in realtà da vicino è enorme e la terra che sembra grande, da lì si vede a malapena.

Verso 72: dice che vi sono altri fiumi, altri laghi, altre campagne che non ci sono qui tra noi, ci sono altre pianure e altre montagne e hanno le loro città e i loro castelli, con case che il paladino non vide mai più grandi né prima né poi e vi sono boschi solitari dove le ninfe cacciano tutti i giorni le belve. Sembra una riproposizione della terra ma fatta in un altro modo

Verso 73: Astolfo non rimase a cercare tutte le differenze che vi erano perché non era salito lì per quel motivo ma fu condotto dall’apostolo santo all’interno di un vallone stretto tra due montagne dove meravigliosamente era raccolto tutto ciò che si perde o per una nostra mancanza o per il tempo o per la fortuna… ciò che si perde lì, qui si raccoglie

Verso 74:  non parlo soltanto di regni o di ricchezze per le quali lavora continuamente la ruota della fortuna, ma di tutto ciò che pur potendo togliere, la fortuna non ha potere di dare. Molta fama che il tempo a lungo andar divora quaggiù come fa il tarlo. (il tempo logora la fame come il tarlo con il legno) lassù vi sono infinite preghiere e infiniti voti che si fanno da noi peccatori. 

Verso 75: sulla sula si trovano le lacrime, i sospiri degli amanti, il tempo inutile che si perde a giocare e l’ozio interminabile degli uomini ignoranti, i vani disegni che non hanno mai luogo (quindi che non trovano mai realizzazione), sono tanti i vani desideri che la maggior parte ingombrano la maggior parte di quel luogo. Ciò che insomma perdesti quaggiù, lassù se salgo potrai ritrovare

Verso 76: attraversando il paladino per questi monticelli, alla sua guida (Sangiovanni) chiede ora di questo, ora di quello. Vede un monte di vesciche (sacca) gonfie che dentro sembravano avessero tumulti e grida e seppe che erani regni antichi degli assiri, della terra di Lida, dei persiani e dei greci che un tempo furono gloriosi ed ora il nome ne è quasi oscuro. I regni antichi sono presentati come dei sacchi gonfi d’aria perché il loro nome è vuoto

Verso 77: vede degli ami d’oro e d’argento, tutti ammassati e sono quei doni che si fanno con la speranza di ricevere qualche ricompensa , ai re, ai principi avari e ai padroni (doni sprecati) poi vede dei lacci nascosti in delle ghirlande e chiede a Sangiovanni e sente da lui che sono le adulazioni e poi dice che i versi che si fanno in lode dei signori, hanno immagine di cicale scoppiate. 

Verso 78: gli amori che hanno avuto un pessimo fine, hanno la forma di nodi d’oro e di ceppi pieni di gemme, vi erano artigli d’aquila che seppi che erano i poteri che i signori danno a quelli del loro seguito, i greppi (le spaccature di questa valle) è piena di mantici (cioè la pompetta per alimentare il fuoco) che sono i fumi dei principi (cioè le promesse piene di fumo dei principi) e i favori che un tempo diedero ai loro cari ganimedi (ganimede era un fanciullo troiano molto bello al punto che giove se ne innamorò e allora si trasformò in aquila e lo andò a rapirlo su un monte mentre giocava con i suoi amici. Portato sull’olimpo divenne l’amante di zeus e il cocchiere ufficiale degli dei, cioè colui che versava loro il vino – i ganimedi sono gli amanti, i preferiti) che poi con lo sfiorire degli anni se ne vanno.

Verso 79: vide rovine di città e di castelli, si trovavano qui sottosopra con grandi tesori, chiede che cosa siano e viene a scoprire che sono i trattati e le congiure che si vengono a scoprire facilmente, vede poi serpi con faccia di donzelle che rappresentano le azioni di falsari e ladri poi vide bocce rotte di vario tipo e poi scopre che erano il servire nelle misere corti. 

Verso 80: vede una gran massa di minestre versate e domanda che cosa siano e questi gli dice, è l’elemosina che qualcuno lascia dopo la sua morte. Da vari fiori passa un gran monte da prima ebbe un buon odore e adesso puzzava forte. questo era il dono se è lecito dire che Costantino fece al papa Silvestro (stiamo parlando della donazione di Costantino)

Verso 81: vede una gran quantità di panie con visco che erano oh donne le vostre bellezze; sarebbe lungo se dovessi raccontarle tutte quante qui in verso dire tutte le cose che gli furono dimostrate che dopo mille e mille non finirei e vi è tutto ciò che capita a noi umani. Soltanto la pazzia non v’è né ne poca ne assai che si trova quaggiù e non si allontana mai

Verso 82: passando da qui si girò verso un punto in cui vi erano diversi giorni e diverse cose sue che aveva perduto che se non ci fosse stato con lui un interprete, non avrebbe compreso per la diversità delle loro forme. Poi giunse a quella cosa che a noi sembra averla che mai tramite lui: qui vi era un monte.

Verso 83:come era fatto questo senno ? era come un liquido sottile e molle, facile ad evaporare se non lo si teneva ben chiuso e si vedeva raccolto in varie ampolle, alcune più grandi, altre meno che erano disposte a quell’uso. La maggiore di tutte è quella in cui vi era dentro il senno del grande signore D‘ Anglante e fu riconosciuta dalle altre quando vide che c’era scritto fuori: senno d’Orlando (una sorta di etichetta)

Verso 84: come c’era scritta su quella di Orlando, ‘il senno di Orlando’, anche su tutte le altre vi era scritto il nome di coloro a cui apparteneva il senno. Del suo senno vede, il duca Franco grande parte ma ancor più si meravigliò vedendo quello di molti che egli credeva che non dovessero averne perso neanche un goccio e qui diedero chiara notizia che vi era molta quantità in quel luogo.

Verso 85: Vi è chi lo perde nell’amore, chi negli onori, chi attraversando il mare cercando ricchezze, altri lo perdono nella speranza che ripongono nei signori, altri dietro le sciocchezze della magia, altri in gemme, altri in opere di pittori e altri in altre cose che apprezzano più di ogni altra. Ancora venera molto i sofisti, gli astrologhi e i poeti.

Verso 86: Astolfo prese il suo e ciò glielo concesse lo scrittore dell’apocalisse (sangiovanni). L’ampolla in cui era, se la mise al naso e sembra che quello se ne tornò al suo luogo e perciò Turpino (biografo di Carlo magno) ci dice che Astolfo per un lungo tempo visse con un saggio ma che poi compì un errore che da quella volta in poi gli tolse il cervello (l’amore)

Verso 78: L’ampolla più capace e più piena, dove vi era il senno e di solito rendeva saggio il conte Orlando, Astolfo la prese e non era così leggera come pensava essendo messa a monte sopra tutte le altre. La prese e se tornò sulla terra.

Questo passo è molto dantesco e come in dante è presente una guida (per dante Virgilio), la forma allegorica (vi sono delle immagini che riportano a ciò che significano), l’idea di un viaggio ultraterreno e in ciò c’è sempre un senso laico.

PAGINA 323 > LA FOLLIA DI ORLANDO

poco prima Orlando aveva incontrato un saraceno che però ad un certo punto scappa per un bosco e non riesce più a trovarlo

Verso 100: lo strano corso che tenne il cavallo del saraceno Mandricardo attraverso il bosco fece si che orlando errò due giorni senza trovare una soluzione, non lo trovò e non potè averne traccia. Giunse infine ad un ruscello che sembrava di cristallo, sulle cui sponde fioriva un bel praticello. Bello e dipinto, del suo colore originale e distinto da belli e molti altri > ci troviamo in un locus amenus

Verso 101: il sole di mezzogiorno rendeva gradita l’ombra alle bestie e al pastore che li guidava (semi nudo perché si spoglia per il caldo), così né Orlando sentiva alcun ribrezzo del caldo pur avendo la corazza, l’elmo e lo scudo. Egli entrò qui (nell’ombra) per riposarvi ma trovò un alloggio che fu faticoso e crudele, un soggiorno crudele più che dir si possa in quell’infelice e sfortunato giorno.

Orlando quindi dopo aver cercando Mandricardo per due giorni trova riposo sotto l’ombra 

Verso 102: volgendosi tutto intorno, vide molti alberelli scolpiti sulla riva ombrosa di questo fiume e non appena vi ebbe fermato gli occhi, fu certo che queste iscrizioni erano di mano della sua donna (Angelica). Questo infatti era uno di quei luoghi già descritti dove sovente lei veniva con Medoro dalla casa di un pastore che era qui vicino, la bella donna regina del Catai

Verso 103: i nomi di Angelica e Medoro sono tra loro intrecciati e li vede ripetuti ovunque. Quante sono le lettere dei loro nomi, tanti sono i chiodi con i quali Amore gli punge e ferisce il cuore. Con il pensiero cerca in mille modi di non credere quello che a suo dispetto deve credere: si sforza di credere che si tratti di un’altra Angelica che abbia scritto quel nome su quella corteccia

Verso 104: poi dice: io conosco pure questi segni, ne ho visti e letti tanti di simili. Ella potrebbe immaginare questo Medoro e forse che mette a me questo soprannome. Con tali opinioni, lontane dal vero, ingannando se stesso rimase nella speranza il povero e mal contento Orlando che riuscì a procacciare per sé stesso.

Verso 105: ma quanto più cerca di mettere a tacere il terribile sospetto, più lo riaccende e lo rinnova: come l’incauto uccello che si ritrova ad aver dato di petto in una tela o in un visco e per quanto più batte le ali e prova ad allontanarsi, più si lega stretto. Orlando arriva in un punto in cui il monte si incurva a mo di arco su una fonte chiara. 

Qui ci viene presentata l’immagine di un uccello che viene catturato che vengono catturati o con reti o con il visco (sorta di colla messa sugli alberi) e quindi più cerca di allontanarsi, più rimane intrappolato. È una similitudine

Verso 106: sull’entrata vi erano rami intrecciati, edere e rampicanti. In questo luogo erano soliti stare abbracciati durante le ore più calde del giorno, i due amanti felici. Avevano iscritto i loro nomi dentro e intorno a questo luogo più che negli altri luoghi circostanti, in alcuni casi con il carbone, altri con il gesso e con i coltelli.

Verso 107: il triste conte (Orlando), scese qui a piedi e vide sull’entrata della grotta molte parole che Medoro aveva steso di sua propria mano, parole che sembravano scritte allora. E per il gran piacere che aveva trovato nella grotta, aveva riportato in versi questa frase che penso nel suo linguaggio fosse colta, ma nella nostra lingua appare così:

verso 108: oh liete piante, oh erbe verdi, oh acque limpide, oh scura e gradita per le tue ombre, grotta, dove la bella Angelica che è nata da Galafrone, amata invano da molti, spesso giacque ta le mie braccia nuda, io non posso, povero Medoro ricompensarvi in un altro modo nella comodità che mi è stata data da questi luoghi facendomi continuamente una lode

verso 109: e posso anche ricompensarvi pregando ogni signore amante e cavalieri e damigelle e ogni persona che sia un paesano o un viandante, che qui porti o la sua volontà o la sorte che dica alle erbe, alle ombre, alla grotta, al fiume e alle piante, abbiate un sole e una luna benigna e abbiate benigno anche il coro delle ninfe che vegli su di voi e che non conduca mai nessun gregge

sostanzialmente Medoro ringrazia questi luoghi per aver accolto il suo amore con Angelica e la speranza rivolta a questi luoghi è che possano accogliere sempre gli amanti e che le ninfe possano sorvegliarli affinché non venga mai alcun gregge per non rovinarli

verso 110: questo testo era scritto in arabo, la lingua che il Conte comprendeva bene come il latino e fra le molte lingue che conosceva, quella la conosceva molto bene e questa conoscenza gli evitò molte volte danni e vergogne che dovette affrontare contro il popolo dei saraceni. Ma non deve vantarsi se ebbe vantaggi da questa conoscenza perché adesso ne avrà un danno che può fargli scontare tutti i vantaggi

verso 111: lesse 3-4 volte lo scritto infelice e continuò a cercare invano che non vi fosse scritto quel che in realtà c’era scritto eppure lo vedeva sempre più chiaro. Ogni volta sentiva in mezzo al pento il cuore afflitto che si stringeva con una fredda mano. Rimase infine con i suoi occhi e con la sua mente fissi nella parete petrosa e rimase indifferente a questo sasso

verso 112: a quel punto fu per perdere i sensi talmente si lascia in preda al dolore, credete a chi ha potuto sperimentare tutto ciò che questo è il dolore che sorpassa tutti gli altri. Il mento gli era caduto sopra il petto, la fronte era priva di ogni fierezza (era bassa) e non potè avere (perché il dolore occupa tanto), voce per lamentarsi o lacrime per piangere

verso 113: l’impetuoso dolore gli rimase dentro, quel dolore che voleva uscire tutto con troppa fretta, nello stesso modo vediamo l’acqua che rimane in un vaso che ha un ventre largo ma la bocca stretta. Quando giriamo questo vaso, il liquido che dovrebbe uscire tanto s’affretta che si intrica che esce a fatica ed esce goccia per goccia. Quindi l’immagine della sua rabbia è quella di un vaso che ha ventre grosso dalla bocca stretta e quindi l’acqua si raccoglie tutta per l’uscita ma siccome la bocca è stretta ne esce un po’ per volta. Altra similitudine

verso 129: inizialmente reagisce con la repressione della rabbia però poi sfocia il tutto e per tutta la notte vaga. Per tutta la notte il conte vagò per il bosco e allo spuntare del giorno, il suo destino lo riportò sulla fonte dove Medoro aveva scritto l’epigramma. Veder questo insulto contro di lui scritto nella parete del monte, lo accese così tanto di furore che in lui non rimase un’oncia che non fosse di odio, di rabbia, di ira e di furore. Non indugiò più e tirò fuori la spada.

Verso 130: Tagliò la scritta e la parete sassosa e fece alzare fino al cielo a volo, le schegge minute del sasso. Povera quella grotta e povero ogni stelo su cui si legge Medoro e Angelica! Così rimasero quel giorno poiché non daranno né ombra né frescura a un pastore né al gregge e quella fonte che un tempo era così chiara e così pura, a causa di cotanta ira divenne poco sicura

Verso 131: poiché rami e ceppi e tronchi e sassi e zolle Orlando non cessò di gettare nelle bell’onde del ruscello cosicchè le turbolle da cima a fondo e queste non furono più né chiare né pulite. Stanco al fine e mavido di sudore, poiché il suo respiro vinto dalla fatica non risponde allo sdegno, all’odio e all’ardente ira, cade sul prato e sospira verso il cielo

Orlando quindi vedendo la scritta e capendo che non c’è nulla che lo riguardi, comincia a distruggere la pietra e a buttare tutto nel ruscello che prima era limpida ed ora non lo era più

Verso 132: afflitto dal dolore e stanco, al fine cade nell’erba e ficca gli occhi al cielo ma non parla, rimane così senza cibo e senza dormire, così tanto che il sole esce 3 volte e 3 volte cala, la pena acerba (il suo dolore) non cessò di crescere finché non lo condusse fuori dal senno. Il quarto giorno, mosso da un grande furore si stracciò di dosso le maglie e le piastre dell’armatura.

Verso 133: qui rimane l’elmo, là rimane lo scudo, le armi rimangono lontane e ancora più lontano la corazza. Tutte le sue armi insomma vi concludo, avevano una posizione diversa nel bosco, poi si squarciò di dosso i panni e mostrò il ventre ispido di peli, nudo e tutto il petto e tutta la schiena e cominciò la gran follia così orrenda che non ci sarà mai nessuno che riuscirà a comprenderla.

Verso 134: fu così arrabbiato e così pieno di furore che rimase offuscato in tutti i sensi. Non gli venne nemmeno in mente di prendere la spada in mano con la quale penso, avrebbe fatto cose mirabili. Ma non c’era bisogno, per il suo vigore immenso né di quella, né di una scure né di un’ascia bipenne. Qui fece delle grandi prove che al primo scrollone strappò un alto pino 

E dopo il primo ne svelse altri e parecchi, quasi come se fossero finocchi o ebuli o aneti (nomi di altre piante) e fece il simile anche con querce, antichi olmi, di faggi orni e lecci e abeti. Quello che fa un uccellatore (colui che va a caccia di uccelli) che prepara il suo campo e lo fa per mettere le reti e le strappa dei giunchi e delle ortiche, lo stesso lo faceva lui alle piante antiche

Altra similitudine: come l’uccellatore che prepara le reti per organizzare il campo e tira via tutte le erbacce, lui fa lo stesso con gli alberi

Verso 136: i pastori che hanno sentito il fracasso, lasciando il gregge sparso per la foresta, chi di qua, chi di là, tutti in fretta vengono a vedere cosa è accaduto (E ADESSO PARLA AL LETTORE) ma sono giunto a quel punto che se io l’oltrepasso, la mia storia potrebbe diventare fastidiosa ed io voglio piuttosto rimandarla che infastidirvi con la sua lunghezza.